Viziare o non viziare, questo è il problema!

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Care mamme, vi confesso che non vedevo l'ora di dire la mia su questo tema tanto discusso!

Quante di voi si sentono (o si sono sentite) dire che stanno irrimediabilmente viziando il proprio figlio tenendolo in braccio, allattandolo oltre i 6 mesi o facendolo dormire nel proprio letto, o accorrendo ogni volta che piange???
Quanto vi pesa e quanto vi rende arduo il compito di continuare a trattare vostro figlio come l'istinto materno vi suggerisce?

Ci sarà sicuramente qualcuna fra voi che si sarà sentita in colpa a forza di sentirselo dire e che quindi ora segue questa sacra e secolare norma del lasciarlo piangere un po' che non succede niente, anzi che così impara!
Diciamocelo, i nonni dei nostri figli non mancano di metterci in guardia da questo mostro "il vizio" portando come prova inconfutabile: "io ho fatto così con te.. e vedi come sei venuta su bene!".

Fate una pausa per qualche secondo di silenzio e riflessione personale, lasciando risuonare queste parole…

Per carità, sicuramente sarai diventata una bella, brava e simpatica persona… ma altrettanto sicuramente sai anche che è stato faticoso, doloroso e spesso, nel corso della vita avrai provato molte emozioni difficili e avrai notato carenze o bisogni non ascoltati o non nutriti in passato. Se ci pensi bene, se hai avuto uno o entrambi i genitori (o nonni) fautori del metodo "lascia che pianga" o "non dargli troppa attenzione", avrai avuto sicuramente qualcosa da recriminare ai tuoi genitori o almeno avrai fatto qualche pensiero del tipo: "io non sarò così con mio figlio", "io sarò un genitore diverso"…
Poi, vuoi la pressione di chi ha già avuto figli e "la sa lunga" o magari le fatiche di tutti i giorni e la necessità di andare avanti su più fronti come un polpo a 8 tentacoli, ci portano sicuramente a adottare almeno qualche volta questa modalità… vediamo allora insieme cosa succede quando il bambino riceve questo trattamento.

NB: sto parlando soprattutto dei primi mesi di vita, almeno fino ad un anno e cioè tempo durante il quale si sta formando il prezioso legame di attaccamento e in cui il neonato non è in grado di capire il significato di quello che gli diciamo, non è in grado di risponderci e di capire bene le conseguenze delle sue azioni e soprattutto, non ha ancora una memoria ben sviluppata. (Ma molto di quanto segue vale anche per i bambini più grandi, quindi se vostro figlio non è più un neonato, continuate comunque a leggere!)

Un neonato viene al mondo con pochi ma sacrosanti bisogni: quello di essere nutrito e quello di essere protetto. E come Darwin ci insegna, è filogeneticamente programmato per assicurarsi che tali bisogni vengano soddisfatti sempre e subito. E come può farlo dato che non sa ancora parlare? Piangendo, urlando e quindi attivando il nostro sistema di accudimento. Quindi quando piange sta esprimendo un suo bisogno fondamentale per la sopravvivenza e non può essere certo un capriccio. Che sia bisogno di fame, di sonno, di contatto lo impariamo pian piano, ma se noi genitori rispondiamo subito con la presenza e la vicinanza siamo già a metà dell'opera! 
Non stiamo viziando i nostri figli se li amiamo e dedichiamo loro attenzioni, tempo e affetto. Ci stiamo prendendo cura di loro! E' importante che i nostri figli sappiano che possono contare su di noi, e che sono importanti per noi: diventeranno persone sicure e resilienti.

Si potrebbe invece viziare il proprio figlio (o nipote!) quando gli si lascia fare sempre quello che vuole nel momento in cui lo vuole, quando è lui a dettare legge su quando e come fare le cose (ovviamente non parlo di un neonato, in questo caso è normale che ci si muova al suo ritmo!).
Mi riferisco soprattutto all'età in cui il bambino ha acquisito le abilità linguistiche che gli consentirebbero di capire cosa/quando si può fare/non fare e perché. In questo caso è anche importante distinguere fra i bisogni e desideri dei bambini (ma questo sarà approfondito in un altro articolo), ma in sintesi quando siamo presenti ed entriamo in sintonia con un bambino che protesta, manifesta disagio ed è fuori controllo, stiamo soddisfacendo un suo bisogno. Quando invece gli permettiamo di usare il tablet o vedere la tv mentre siamo a tavola, affinché smetta di chiedercelo urlando.. stiamo soddisfacendo un suo desiderio immediato che contrasta con l'attività prevista dai genitori e allora sì che corriamo il rischio di viziarlo (soprattutto se lo facciamo spesso).
Non confondiamo l'indulgenza e l'incapacità di dire un no a nostro figlio (per paura di piacergli di meno o per evitare la sua reazione di rabbia) con le manifestazioni d'affetto, amore e vicinanza.

Quindi, quando consoliamo e rispondiamo al disagio dei nostri bambini non li viziamo, ma stiamo facendo quello che un genitore dovrebbe fare, niente di più, niente di meno. Quando invece non siamo sensibili alle loro richieste d'aiuto, talvolta mascherate da capricci, possiamo correre il rischio che sviluppino un legame di attaccamento insicuro e diventino bimbi, e poi uomini e donne, ansiosi.
Ci sono anche molteplici studi che hanno riscontrato effetti traumatici della mancata o scorretta risposta dei genitori a queste manifestazioni dei neonati, e più sono piccoli e peggio è. Si è infatti visto che la quantità e qualità del contatto fisico (coccole, carezze, attenzioni) o la sua mancanza, può modificare come i nostri geni vengono regolati e come il nostro cervello risponde agli eventi, con potenziali risvolti anche sul sistema immunitario.

In conclusione: sì alla vicinanza, al contatto, alle coccole, alla consolazione, al giocare insieme, cantare, ballare ecc...

Se volete approfondire, suggerisco di leggere il libro "E se poi prende il vizio"

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